L’Associazione Italiana Anderson Fabry ha deciso di aderire per la seconda volta al bando Spring Seed Grant 2025 di Fondazione Telethon per continuare a supportare la ricerca scientifica su questa rara malattia multisistemica.

«Sostenere la ricerca scientifica è l’unico modo che abbiamo per provare a costruire un futuro migliore per i bambini di oggi e di domani a cui verrà diagnosticata la Malattia di Anderson Fabry».
Con queste parole Arianna spiega perchè l’Associazione Italiana Anderson Fabry, di cui fa parte, ha deciso di aderire nuovamente al bando Spring Seed Grant, ideato da Fondazione Telethon con l’obiettivo di supportare le Associazioni di pazienti che vogliono stimolare la ricerca sulla malattia di loro interesse, permettere ai ricercatori di approfondirne la conoscenza, comprenderne i meccanismi patologici e sviluppare nuove strategie terapeutiche.
Arianna ha cinquant’anni e ha scoperto solo due anni fa, a quarantotto anni, di avere la Malattia di Anderson Fabry, una patologia genetica, legata al cromosoma X, che a seguito della carenza dell’enzima a-Galattosidasi A causa l’accumulo di un materiale sfingolipidico in varie cellule dell’organismo.
Tale accumulo determina nel tempo un danno dapprima reversibile poi irreversibile, causando l’insufficienza funzionale di vari organi e quindi una prognosi severa nell’età adulta.
Si tratta di una malattia multisistemica, che può colpire tutti gli organi e i tessuti dell’organismo e che proprio per questo non viene diagnosticata facilmente dai medici di base.
Un dolore "invisibile"
«Da bambina avevo spesso delle febbri strane, che passavano da sole e non erano mai accompagnate ad altri sintomi - racconta Arianna. Poi sono arrivati i dolori alle gambe, ma soprattutto forti disturbi gastrointestinali, crampi e dolori addominali. Eppure i medici da cui andavo non collegavano mai i sintomi tra loro, mi prescrivevano antidolorifici, dicevano che il mal di pancia era causato dallo stress. Mi sentivo come una malata immaginaria. Sentivo che dentro di me c’era qualcosa che non andava, ma nessuno sembrava prendere sul serio la mia condizione. Sono arrivata addirittura ad avere la prescrizione per dei tranquillanti, perché per i medici il fatto che dovessi viaggiare per lavoro mi causava stress».
Agli invalidanti dolori addominali si affiancano poi nel corso degli anni anche inspiegabili dolori alle mani e ai piedi, fastidiosi mal di testa, aritmie e per finire sincopi.
Arianna non riesce a condurre una vita normale, i sintomi spesso sono così insistenti, frequenti e duraturi da rendere difficile la normale quotidianità domestica e lavorativa, eppure nessuno dei medici che la visita sospetta possa trattarsi di una malattia multisistemica. La diagnosi più accreditata resta lo stress.
L'arrivo della diagnosi
Per fortuna vicino a lei c’è suo marito, che non riesce a non notare la sofferenza della moglie, così la porta da un neurologo privato, che subito inizia a nutrire dei dubbi sul quadro clinico di Arianna. Le prescrive l’esame del liquor e l’esame del sangue. La diagnosi di Malattia di Anderson Fabry arriva poco dopo.
«Dopo la diagnosi ho vissuto momenti di estrema sofferenza - continua Arianna - Ho iniziato ad avere paura del futuro, a chiedermi quale sarebbe stata la mia aspettativa di vita. Avevo paura per me e per mia figlia Ginevra, che aveva solo 7 anni. Ero nel panico, mi sentivo come se la mia vita fosse stata travolta da un tornado. Non avevo mai pensato che tutti i miei sintomi potessero dipendere da una malattia rara».
Arianna cambia prospettiva e approccio alla malattia quando incontra l’Associazione Italiana Anderson Fabry. Inizia a seguire i meeting con medici specializzati e ricercatori, conosce altre persone che convivono con la malattia, si riconosce nelle storie degli altri, accomunate spesso dal ritardo nella diagnosi.
«Incontrare l’Associazione di pazienti AIAF mi ha dato una nuova energia per andare avanti. L'associazione ha saputo dare risposte a tutte le mie domande. Ho capito che volevo e potevo continuare a vivere con dignità. Ho trovato nel gruppo la forza di andare avanti e di affrontare il dolore. Ho iniziato ad essere seguita a Padova dove c’è un Centro di riferimento per la malattia».
Oggi per la Malattia di Anderson Fabry non esiste una cura, ma a seconda della gravità e del coinvolgimento di organi e tessuti, i pazienti possono sottoporsi a delle infusioni per via venosa ogni quindici giorni o ad una terapia farmacologica. Entrambe le opzioni sono valide per rallentare la patologia, andando ad intervenire sui dolori e i fastidi che questa provoca.
Uno sguardo al futuro
Grazie alle infusioni e ad una dieta low food map, un particolare protocollo dietetico caratterizzato dall’eliminazione di alcuni alimenti fermentabili, Arianna oggi sta meglio, soprattutto a livello addominale. Dopo la diagnosi ha scoperto che anche sua figlia, sua sorella e suo nipote hanno la malattia, ma al momento si tratta di un polimorfismo benigno per tutti e tre.
«Quando ho saputo di Ginevra ho avuto forti sensi di colpa. Per fortuna vicino a me avevo mio marito, che è sempre stato il mio punto di riferimento - conclude Arianna - È proprio per Ginevra che confido nella ricerca e sostengo la decisione dell’Associazione di aver aderito al bando Seed Grant per promuovere e sostenere la ricerca scientifica sulla sindrome di Anderson Fabry. La nostra malattia ti limita nella socialità. Se con la ricerca scientifica si riuscisse a trovare il modo per evitare la compromissione di alcuni organi sarebbe già un passo in avanti importante per il futuro di tutte le persone affette da questa patologia».